Nina Palmieri (giornalista, autrice e
conduttrice TV) Roma
2.4.2021
Intervista di Gianfranco Gramola
“Una IENA carismatica e molto professionale
che nei suoi servizi affronta tematiche importanti, come la pedofilia, la
violenza sulle donne, l’omofobia, il razzismo e il bullismo”
Nina Palmieri, all’anagrafe Giovanna
Palmieri, nasce ad Avezzano (Abruzzo) il
26 marzo del 1976. Appassionata della cultura decide di intraprendere questa
carriera all’università laureandosi alla facoltà di Lettere. Una volta
terminati gli studi, lavora per il programma di Carlo Lucarelli intitolato Blu
Notte. Nel frattempo firma servizi per la trasmissione Ballarò ed è autrice e
filmaker delle tre edizioni di Invisibili, programma sui senzatetto condotto da
Marco Berry. Ha condotto per 5 edizioni una docusoap dal titolo i Viaggi di Nina
dedicata interamente alle donne. Nei vari viaggi raccoglie e racconta esperienze
di donne molto diverse. Nel 2010, per fare la conduttrice della famosa
trasmissione Sex Education Show sul canale Fox Life. Inizia a farsi amare dal
pubblico e dalle reti che la scelgono come collaboratrice e giornalista del
famoso programma Le Iene. Nei suoi servizi la giornalista affronta tematiche
importanti e sempre attuali quali aborto e pedofilia. Si è anche occupata di
femminicidi, il biotestamento, la violenza sulle donne, l’omofobia, il
razzismo, di bullismo, violenza sugli animali, fecondazione assistita, preti a
luci rosse, malattie rare e non solo.
Ha pubblicato due libri: “Ragazze che amano
ragazze” (2010) e “Libera Sempre” (2016).
Intervista
Professionalmente nasci come
giornalista. Chi ti ha trasmesso la passione per la carta stampata, hai qualche
parente giornalista?
Nasco come giornalista per la carta stampata,
ma ho capito subito che non era esattamente il mio mondo. Ho iniziato a scrivere
per il Messaggero edizione Abruzzo, per la redazione della provincia
dell’Aquila, perché io sono abruzzese. L’ho fatto perché aveva giocato a
fare la giornalista con il giornalino della scuola. Ero al liceo scientifico, mi
ero tanto divertita e mi piaceva raccontare delle storie. Allora c’ho provato,
ho rotto le scatole alla redazione locale che mi hanno dato la possibilità di
cominciare a fare la giornalista e l’ho fatto. In famiglia già c’erano
altri giornalisti. Mio zio ha scritto per tanti anni su un quotidiano abruzzese
e mio papà ha fatto il giornalista da giovanissimo per qualche anno, tanto che
conserva ancora il suo tesserino da pubblicista. Lui scriveva per l’edizione
locale del Tempo o il Messaggero, non me lo ricordo. Lui ci teneva a dire che
quando era giovane faceva il giornalista e raccontava le cronache.
I tuoi genitori che futuro speravano
(pensavano) per te?
I miei genitori non mi hanno mai ostacolato e
non mi hanno mai chiesto di fare qualcosa di diverso da quello che era il mio
desiderio. Ho deciso che volevo raccontare delle storie, non tanto fare la
giornalista. Ero curiosa del mondo e volevo
raccontare delle storie, raccontare le vite degli altri, capirne le dinamiche,
le problematiche, cercare anche di aiutare e dare voce alle persone. I miei
genitori non mi hanno mai ostacolato, anzi mi hanno sempre spronata fare quello
che volevo.
Com’è iniziata la tua collaborazione
con Carlo Lucarelli a Blu notte?
Da Lucarelli sono arrivata perché seguendo
la mia passione ho cominciato prima a lavorare per un paio di anni per una radio
e non riuscendo con questo lavoro ad ottenere il famoso preincantato per
diventare professionista, ho fatto un concorso per entrare in una delle scuole
di giornalismo e facendo una scuola di giornalismo c’era la possibilità di
fare degli stage e io che ero una fan sfegatata di Lucarelli e del suo Blu
notte, ho fatto di tutto per fare la stagista e sono approdata in quella
redazione dove mi hanno accolta con grande affetto e mi hanno insegnato
tantissime cose. Alla fine dopo tre mesi di stage, mi hanno tenuta, mi hanno
confermata per altri sei mesi. Ho iniziato a capire che il mondo televisivo era
quello che mi apparteneva di più, più della carta stampata e più della radio.
E’ stata la mia palestra e da lì sono partiti duemila stage, sono campionessa
mondiale di stage (risata), tanti stage che però mi hanno portata tanta fortuna
sicuramente, ma hanno fatto fare tanta palestra, quindi è stato importante fare
esperienze diverse.
Nel programma Invisibili, c’è stata una
storia che ti ha coinvolta emotivamente?
A proposito di palestre, Invisibili è stata
la palestra dove mi sono fatta le ossa perché mi hanno buttato per strada con
una telecamera, dandomi grandissima fiducia e per questo ringrazierò per sempre
Claudio Canepari, che era il capo progetto di quel programma bellissimo. Non ti
posso dire una sola storia che mi ha coinvolta, perché tutte le storie che
abbiamo raccontato per Invisibili mi sono rimaste assolutamente nel cuore.
C’ho messo più di un anno a raccogliere le storie che poi sono diventate le
puntate de “I viaggi di Nina” e poi dopo quella serie sulle donne lesbiche,
sono arrivate altre serie, come quella sulle escort che a quell’epoca se ne
parlava poco. “I viaggi di Nina” sono ad oggi il mio orgoglio più grande
dal punto di vista lavorativo.
In TV ti sei fatta conoscere per Sex
Education show. E’ stato difficile sdoganare questo argomento in tv?
Non è stato difficile, per me è stato
naturale perché ho sempre affrontato l’argomento sesso con grande naturalezza
per cui, come dicevo sempre allora, se parli di sesso come parli di cucina, non
c’è nulla di difficoltoso, nulla di scabroso. E’ una cosa naturale, lo
facciamo tutti e se riesci a non cadere nella volgarità, è un argomento bello
e che merita di essere esplorato esattamente come tanti altri argomenti. Mi sono
divertita, mi sono sentita una privilegiata, mi sono sentita una piccola
rivoluzionaria anche perché ho capito che quello che per me era naturale, non
lo era per tante persone, ma credo che poi alla fine il risultato sia stato un
buon risultato.
Nelle tue inchieste spesso sono
protagoniste storie di bullismo, femminicidio, violenze, ecc … quali sono
secondo te, i temi che andrebbero maggiormente approfonditi in tv?
Tutti gli argomenti che tu hai citato
meriterebbero di essere approfonditi. Io nel mio piccolo faccio del mio meglio
per dare voce e giustizia a tutte le vittime di violenza, nella speranza che
prima o poi non ci siano più storie da raccontare. Ma più che una speranza è
un’utopia.
Durante i tuoi servizi televisivi per le
Iene, hai mai temuto per la tua sicurezza, hai mai avuto paura?
Si, ho temuto per la mia incolumità fisica,
però mi è sempre andata bene. Rispetto a Filippo Roma sono proprio una
dilettante, non ho preso schiaffi come lui. La paura comunque c’è, siamo
umani e abbiamo le nostre fragilità ed è bello così, e quindi è giusto anche
superare quella sensazione. E’ un emozione anche quella e riuscire a superare
un limite, un pensiero che magari ti blocca è sempre una vittoria. Quindi io
sono anche contenta di provarla la paura e di superarla.
Hai scritto due libri: “Ragazze che
amano ragazze” e “Libera sempre”. Due storie e due temi molto seri. Cosa
ti ha spinto a raccontare un libro sulla omosessualità e la storia di una
ragazza turca?
Ho scritto due libri che sono il frutto delle
mie esperienze in tv. “Ragazze che amano ragazze” nasce da una docu-serie
che si chiamava “I viaggi di Nina” appunto di cui ero regista, autrice,
film maker, voce narrante, insomma un programma “fai da te”, totalmente
tutto fatto da me, che mi aveva portato ad esplorare dei mondi a me sconosciuti.
In questo caso era il mondo delle donne omosessuali, delle donne lesbiche. Io
sono una donna eterosessuale ed ero molto curiosa di questo mondo che per me era
un po’ sconosciuto. Allora se ne parlava molto poco e quindi ho superato tutta
una serie di pregiudizi miei personali, entrando nella vita di queste donne
stupende che mi hanno accolto per tanto tempo. Ho avuto un risultato di successo
proprio perché è riuscito ad arrivare a tante persone e probabilmente a far
cadere anche tanti tabù e pregiudizi. “Libera sempre” nasce da un servizio
televisivo che ho fatto per le Iene, una storia pazzesca di una ragazza Ayse,
nata in Sicilia da genitori turchi che solo per la sua voglia di vivere una vita
normale, come tutte le ragazze della sua età, con l’inganno è stata portata
via dai suoi genitori e segregata in Turchia a casa di sua nonna materna. Con le
Iene abbiamo raccontato la sua storia grazie alla segnalazione di una sua amica
e siamo riusciti dopo sei mesi a riportarla in Italia. Anche lì grande
soddisfazione e poi è nato questo libro che racconta tutta questa storia
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di
essere “Iena”? (sei temuta?)
Essere una “Iena” è una figata, ma è
anche una grandissima responsabilità e poi anche una bella fatica, perché noi
non abbiamo orari, questo un po’ come tutti i giornalisti. Come orario, quando
siamo in onda H 24, mentre quando non siamo in onda sebbene molti pensino che
stiamo in vacanza, non è così, perché continuiamo a
lavorare non H 24 sette giorni su sette, ma comunque siamo sempre sul
pezzo, alla ricerca di storie da raccontare. Molte volte per finire un servizio
ci mettiamo sei mesi, quindi c’è un grande lavoro dietro quei pochi minuti
che poi si vedono in televisione. Quindi grande lavoro e grandissima
responsabilità, nonché tante denunce.
Nel 2019 è scomparsa la mitica Nadia
Toffa. Come la ricordi?
Nadia era un vulcano, esattamente come
traspariva in TV era nella vita, non c’era nessun filtro. Era così come si
poneva in televisione e questa era la sua magia. Io amo le persone che non
cambiano andando in video e lei era così. Ovviamente nel tempo era diventata più
matura, più esperta nel porsi, però è rimasta la ragazzina che ho conosciuto
tanti anni fa, intelligentissima, sveglissima e soprattutto una grandissima
lavoratrice e appassionata di questo lavoro. Adorava la divisa delle Iene, ne
era innamorata e la indossava con orgoglio perché era proprio la sua vita e la
portava come se fosse la sua bandiera. Noi siamo state compagne di stanza per un
po’ quando sono arrivata nella squadra delle Iene, quindi l’ho vista anche
lavorare e in quel periodo mi ha confermato la sua grande passione e la sua
dedizione al lavoro, altrimenti non sarebbe diventata grande come ha dimostrato
di essere. Poi era anche una gran compagnona e le piaceva anche bere un
bicchiere di vino dopo le fatiche lavorative. Con Nadia era veramente uno spasso
e un piacere. Perderla è stato un gran dispiacere per tutti noi.
La popolarità crea vantaggi ma anche
svantaggi. Hai mai avuto qualche fan un po’ invadente?
E’ vero che la popolarità crea vantaggi e
svantaggi. Ci sono stati dei fan un po’ invadenti e ho
risolto dicendo che sarei andata dalla polizia a fare una denuncia, come
bisogna fare quando uno passa dallo scrivere a chiederti una foto allo
stalkerizzarti. E’ bastato questo per fermare tutto per fortuna. In questo
caso era uno stalker donna. Uno svantaggio che trovo io nel fare il mestiere
della Iena è che molte persone sperano in noi come se avessimo la bacchetta
magica, che purtroppo non abbiamo. Noi siamo umani e facciamo del nostro meglio
per aiutare le altre persone, però non sempre ci riusciamo. Mi dispiace tanto
quando non riusciamo a far capire
alle persone che non è che non li vogliamo aiutare, è che purtroppo il nostro
mestiere ha dei limiti e ad un certo punto ci dobbiamo fermare e mi dispiace
ancora di più quando in tantissime persone che hanno bisogno, che hanno magari
figli o parenti malati e ci chiedono un aiuto anche economico, purtroppo non
possiamo aiutare tutti. Io rispondo la verità però tutti nella loro tragedia
possono capire questo e io molto spesso mi trovo in difficoltà soprattutto in
queste situazioni. Mi piacerebbe poterli aiutare tutti e dare una speranza a
tutti ma non è proprio possibile.
Quali sono le tue ambizioni?
Più che ambizioni ho il desiderio di
svegliarmi ed essere felice di andare a fare il mio lavoro, perché questa è
una grandissima fortuna. Non tutte le persone possono dirlo, io lo posso dire.
Quindi spero di svegliarmi per tantissimo tempo con il sorriso perché sto
andando a fare una cosa che amo fare.
Oltre al lavoro e la famiglia, curi delle
passioni nella vita? Fai collezioni?
Ho una grande passione per il mare, quindi
cerco di applicarmi in tutti gli sport acquatici dal windsurf al surf con
scarsissimi risultati, però ci provo e non mollo perché lo faccio da tanti
anni e quando riesco a prendere un’onda sono la persona più felice del mondo.
Collezioni ne ho fatte tante da piccola, l’ultima è stata la collezione di
Lamù che era un cartoon molto famoso negli anni ’80 e quelli di Mila e Shiro.
Ora ho smesso di collezionare perché non ho più spazio o meglio c’è spazio
solo per le cose di mia figlia, quindi lascio a lei fare le collezioni.
Chi e cosa porteresti su un’isola
deserta?
Su un’isola deserta porterei ovviamente mia
figlia, un surf e qualcosa per accendere il fuoco. Poi magari anche uno spray
anti zanzare.
Ti hanno mai proposto di partecipare a dei
reality?
Non mi hanno mai proposto nessun reality,
oserei dire per fortuna, perché mi metterebbe molto in imbarazzo dover dire di
no, anche perché è quello che direi. Io non amo tanti i reality perché non
riuscirei a stare costretta in una situazione per tanto tempo, al chiuso o
all’aperto che sia, non ci riesco.
Come stai vivendo questa pandemia e questo
mezzo lockdown?
Lo sto vivendo abbastanza bene perché sono
una fra le fortunate che possono continuare a lavorare e a viaggiare, quindi per
me è tutto un po’ alienante nel senso che poi quando mi muovo ovviamente vedo
un paese diverso, un mondo diverso rispetto a quello precedente. Però il fatto
di potermi muovere per lavoro, pure troppo,
mi aiuta moltissimo perché lo sto vivendo abbastanza bene. Sono molto
stufa anch’io ovviamente e spero di poter tornare a vedere molto presto il
sorriso delle persone che incontro.
Parliamo di Roma. Quando sei arrivata
nella città eterna, in quale occasione e come ricordi l’impatto?
Sono arrivata a Roma a 19 anni per
l’università e vivevo nella zona universitaria per eccellenza, cioè piazza
Bologna ed è stato un anno divertentissimo, un anno pazzesco. Mi piace dire che
io ho sempre 19 anni e mi piace pensare che ho ancora quello spirito felice di
quando sono arrivata a Roma, di quando ho scoperto questa città nei suoi angoli
più nascosti, quelli che non conoscevo. Venivo spesso a Roma però non potevo
viverla quotidianamente e da studentessa, nel primo anno di università Roma è
stata una mamma pazzesca e mi ha accolta con tutta la sua magia.
Quali sono state le tue abitazioni romane?
Non ho cambiato tante cose, perché alla fine
ho vissuto in quattro case in 25 anni, tutte dislocate in diversi quartieri di
Roma. Le ho amate tutte e quattro tantissimo dalla prima all’ultima. Le mie
case romane mi hanno sempre fatto sentire a casa, poi sono una che ama
tantissimo arredare e personalizzare le abitazioni. In tutti e quattro gli
appartamenti ci ho messo del mio e ho reso ancora più confortevole il mio nido.
La cucina della tua regione è fantastica.
Quella romana ti ha conquistata?
La cucina della mia regione è fantastica, la
cucina delle mie nonne era fantastica, la cucina di mia madre è fantastica e
pure io cucino abbastanza bene, però a Roma “se magna proprio bbene”,
quindi non mi sento orfana, anzi “me sfonno” di carbonara,
saltinbocca e carciofi alla giudia e matriciana. Se vogliamo andare a
vedere la storia della matriciana, vediamo che ci sono tracce anche di Abruzzo
anche là ,perché Amatrice apparteneva all’Abruzzo, quindi è un bel
connubio, un bel mix.
Come ti trovi in mezzo ai romani?
Oramai mi sento un po’ romana pure io,
perché sono una romana d’adozione, come tanti abitanti di Roma. Per cui
apprezzo tantissimo i pregi e soffro dei difetti dei romani. Non mi spavento a
vivere in questa giungla
Da anni si parla di eliminare o almeno
spostare il mercato domenicale di porta Portese. Cosa ne pensi in merito?
Io voglio bene al mercato di porta Portese,
non ne vivo le problematiche e non posso parlare per chi le deve affrontare ogni
domenica. Mi dispiace quando si perdono delle tradizioni e il mercato di porta
Portese è uno dei simboli di Roma, anche se è più moderno rispetto ad altri.
La tua Roma in tre posti diversi?
Campo de Fiori, l’Olimpico e il giardino
degli Aranci all’Aventino. E’ difficile nominare solo tre posti della mia
Roma, perché ce ne sono tanti.